L’insieme di tutte le possibili onde elettromagnetiche, al variare della frequenza, viene chiamato spettro elettromagnetico.
Lo spettro può essere diviso in due regioni:
- radiazioni non ionizzanti (NIR = Non Ionizing Radiations)
- radiazioni ionizzanti (IR = Ionizing Radiations)
a seconda che l’energia trasportata dalle onde elettromagnetiche sia o meno sufficiente a ionizzare gli atomi, cioè a strappar loro gli elettroni e quindi a rompere i legami atomici che tengono unite le molecole nelle cellule. Le radiazioni non ionizzanti comprendono le frequenze fino alla luce visibile. Le radiazioni ionizzanti coprono la parte dello spettro dalla luce ultravioletta ai raggi gamma.
E’ alle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti con frequenza inferiore a quella della luce infrarossa che ci si riferisce quando si parla di inquinamento elettromagnetico.
In relazione ai possibili effetti delle onde sugli organismi viventi, si possono suddividere le radiazioni non ionizzanti in due gruppi di frequenze:
Ai due gruppi di frequenze sono associati diversi meccanismi di interazione con la materia vivente e diversi rischi potenziali per la salute umana. I campi ad alta frequenza (RF) cedono energia ai tessuti sotto forma di riscaldamento, i campi a bassa frequenza (ELF) inducono invece delle correnti nel corpo umano.
Le sorgenti
Le principali sorgenti di campi elettromagnetici che interessano gli ambienti di vita possono essere suddivise in base alle frequenze a cui operano.
Generano campi a ‘bassa frequenza’:
- le linee di distribuzione della corrente elettrica ad alta, media e bassa tensione (elettrodotti ),
- gli elettrodomestici e i dispositivi elettrici in genere,
Generano campi a ‘radiofrequenza’:
- gli impianti di telecomunicazione (impianti radiotelevisivi, stazioni radio-base, telefoni cellulari….),
- forni a microonde, apparati per saldatura e incollaggio a microonde, etc.
Elettrodotti e distribuzione dell’energia elettrica
L’energia elettrica viene portata dai centri di produzione agli utilizzatori (case, industrie…) per mezzo di elettrodotti che lavorano con tensioni di intensità variabile fino a 380.000 volt (380 kV). La rete di distribuzione dell’energia elettrica è formata da una grande maglia di elettrodotti che costituiscono un complesso circuito caratterizzato dalle linee, dalle centrali elettriche e dalle cabine di trasformazione. Queste ultime hanno la funzione di trasformare la corrente ad alta tensione prodotta dalle centrali dapprima in media tensione e poi in tensioni piu’ basse fino ai valori utilizzati nelle applicazioni pratiche. Per tensioni fino a 15000 Volt e per tratte di linee urbane in bassa tensione a volte vengono utilizzate le linee interrate. Gli elettrodotti, nei quali circola una corrente alternata alla frequenza di 50 Hz, producono campi elettrici e magnetici variabili nel tempo.
Il campo elettrico dipende dalla tensione e ha un’intensità tanto più alta quanto più aumenta la tensione di esercizio della linea (dai 220 Volt dell’uso domestico ai 380.000 volt delle linee di trasmissione più potenti). Il campo magnetico dipende invece dalla corrente che scorre lungo i fili conduttori delle linee ed aumenta tanto più è alta l’intensità di corrente sulla linea. In prossimità di una linea ad alta tensione, ad una distanza di circa 30 metri, i valori del campo elettrico sono inferiori a 1 kV/m, i valori di campo magnetico sono dell’ordine del µT.
L’intensità dei campi elettrico e magnetico diminuisce all’aumentare della distanza dal conduttore.
I campi elettrico e magnetico dipendono anche dal numero e dalla disposizione geometrica dei conduttori, nonché dalla distribuzione delle fasi della corrente tra i conduttori stessi. In particolare le linee di trasporto possono viaggiare in terna singola (una linea con i tre conduttori per le tre fasi) o in terna doppia (due linee di tre conduttori ciascuna su di un’unica serie di tralicci).
singola e doppia terna
Il campo elettrico è facilmente schermabile da parte di materiali quali legno o metalli, ma anche alberi o edifici: tra l’esterno e l’interno degli edifici si ha quindi una riduzione del campo elettrico. Il campo magnetico è difficilmente schermabile e diminuisce soltanto allontanandosi dalla linea. L’interramento delle linee permette di diminuire i campi nello spazio circostante, ma questa soluzione ha costi molto elevati e può essere effettuata solo per tratti limitati.
Tipico profilo del campo magnetico (B) ed elettrico (E) generato da una linea ad alta tensione (132 kV, singola terna, 275 A) in funzione della distanza dalla proiezione sul terreno dell’asse della linea
Tipico andamento della corrente che scorre lungo una linea ad alta tensione nell’arco della giornata
Le sorgenti domestiche dei CEM
Negli ambienti di vita e di lavoro, tutti gli apparecchi alimentati con l’energia elettrica sono sorgenti di campi elettrici e magnetici. Il campo elettrico è sempre presente negli ambienti domestici indipendentemente dal funzionamento degli elettrodomestici. Il campo magnetico invece si produce solamente quando gli apparecchi vengono messi in funzione ed in essi circola corrente.
1. A. Spina non allacciata; solo campo elettrico generato dalla presa sotto tensione.
2. B. Spina attaccata, ma interuttore spento; il campo elettrico si estende anche alla lampada.
3. C. Interruttore acceso; il passaggio di corrente necessaria all'accensione della lampadina genera il campo magnetico.
I campi generati dagli apparecchi domestici sono localizzati in vicinanza della sorgente e quindi interessano solitamente zone parziali del corpo. L’intensità dei campi è molto variabile a seconda del tipo di elettrodomestico, della sua potenza, della condizione di funzionamento.
In tabella sono riportati i valori indicativi dei campi magnetici in microtesla (µT) generati da alcuni elettrodomestici a diverse distanze dal corpo
a ridosso |
10 cm |
20 cm |
30 cm |
|
Asciugacapelli |
40÷100 |
40 |
5 |
1,5 |
Aspiratore |
2÷235 |
20 |
7 |
3 |
Frullatore |
50÷230 |
14 |
3,5 |
1,5 |
Ventilatore |
30÷50 |
2,9 |
0,4 |
0,15 |
Lampada ad incandescenza |
60 |
3,8 |
0,85 |
0,27 |
Radio registratore |
0,3÷15 |
2 |
0,8 |
0,4 |
Coperta elettrica |
0,4÷2,3 |
0,25 |
0,18 |
0,13 |
Televisore 14" |
2÷7 |
2,5 |
1 |
0,5 |
Rasoio |
50÷1300 |
20 |
5 |
1,7 |
Lavatrice |
0,1÷27,5 |
12,6 |
10 |
7,2 |
Lavastoviglie |
0,3÷3,4 |
0,2 |
0,11 |
0,1 |
Frigorifero |
0,5÷1,7 |
1,5 |
1 |
0,25 |
Impianti fissi per telecomunicazioni
Un impianto di telecomunicazione è un sistema di antenne la cui funzione principale è quella di consentire la trasmissione di un segnale elettrico, contenente un’informazione, nello spazio aperto sotto forma di onda elettromagnetica. Le antenne possono essere sia trasmittenti (quando convertono i segnale elettrico in onda elettromagnetica) sia riceventi (quando operano la trasformazione inversa). Gli impianti di telecomunicazioni trasmettono ad alta frequenza (tipicamente le frequenze utilizzate sono comprese tra i 100 kHz e 300 GHz).
Esistono due diverse metodologie di trasmissione:
- di tipo broadcasting: da un punto emittente a molti punti riceventi, come accade per i ripetitori radiotelevisivi e le stazioni radio base della telefonia cellulare;
- direttiva: da punto a punto, quella ad esempio dei ponti radio.
I ripetitori radiotelevisivi sono situati per lo più in punti elevati del territorio (colline o montagne), dato che possono coprire bacini di utenza che interessano anche diverse province.
La potenza in antenna è generalmente superiore al KW; entro circa dieci metri dai tralicci di sostegno, l’intensità di campo elettrico al suolo può raggiungere valori dell’ordine delle decine di V/m.
Tuttavia la localizzazione di queste antenne prevalentemente al di fuori dei centri abitati permette di realizzare installazioni in regola con le norme di sicurezza relative all’esposizione della popolazione.
Le stazioni radio base (SRB) per la telefonia cellulare sono gli impianti di telecomunicazione che, per la loro capillare diffusione nei centri abitati, suscitano maggiore attenzione.
Ripetitori radiotelevisivi - Stazioni radio base (SRB)
Il servizio di telefonia cellulare viene realizzato tramite un sistema complesso di tipo broadcasting che è la rete radiomobile. Essa è distribuita sul territorio ed è costituita da un insieme di elementi, ognuno dei quali è in grado di dialogare con gli altri: le centrali di calcolo in grado di localizzare l’utente e di gestirne la mobilità, le centrali che fisicamente connettono le linee, le Stazioni Radio Base e i telefoni cellulari.
Ciascuna SRB è costituita da antenne che trasmettono il segnale al telefono cellulare ed antenne che ricevono il segnale trasmesso da quest’ultimo. Le antenne possono essere installate su appositi tralicci, oppure su edifici, in modo che il segnale possa essere irradiato senza troppe attenuazioni sul territorio interessato. Le frequenze utilizzate sono comprese tra i 900 MHz e i 1900 MHz e le potenze in antenna possono variare tra meno di 20 Watt (per sistemi UMTS) e circa 70 Watt (per sistemi TACS). Ogni SRB interessa una porzione limitata di territorio, detta comunemente cella. A differenza degli impianti radiotelevisivi sono usati bassi livelli di potenza per evitare che i segnali provenienti da celle attigue interferiscano tra loro. Inoltre, grazie anche alle particolari tipologie di antenne impiegate, i livelli di campo elettromagnetico prodotto rimangono nella maggioranza dei casi molto bassi.
Al suolo, i livelli di campo elettrico che si riscontrano entro un raggio di 100-200 m da una stazione radio base sono generalmente compresi tra 0.1 e 2 V/m, mentre il decreto nazionale fissa a 20 V/m il limite di esposizione e a 6 V/m la misura di cautela (nel caso di edifici adibiti a prolungata permanenza).
All’aumentare dell’altezza da terra, il campo elettrico aumenta in quanto ci si avvicina alla direzione di massimo irraggiamento delle antenne trasmittenti (che di solito sono poste a 25-30 m da terra). A scopo cautelativo, nella zona circostante l’impianto, è necessario che non siano presenti edifici elevati in un raggio di circa 30-40 metri. In zone caratterizzate da alta densità di popolazione è necessaria l’installazione di un numero elevato di SRB, tuttavia la vicinanza relativa tra gli impianti stessi impone che le potenze in antenna siano mantenute, per quanto possibile, ridotte onde evitare i problemi dovuti alle interferenze dei segnali.
Mappa della distribuzione verticale del campo elettrico generato da una tipica SRB (distanze orizzontali e verticali in m)
I ponti radio sono un esempio di sistemi a trasmissione direttiva. Essi sono realizzati con antenne paraboliche che irradiano l’energia elettromagnetica in fasci molto stretti per collegare tra loro due antenne anche molto lontane e tra le quali non devono essere presenti ostacoli. Solitamente vengono utilizzate potenze molto basse (spesso anche inferiori al Watt). Nonostante l’elevato impatto visivo di questi impianti, l’elevata direttività delle antenne e le basse potenze utilizzate rendono trascurabili gli effetti di questo tipo di trasmissione.
I limiti di legge per l'inquinamento elettromagnetico (elettrosmog)
Alta frequenza:
Il D.L. n. 381 del 10 settembre 1998, "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana", ha fissato un livello massimo di campo elettrico pari a 20 V/m, che si riducono a 6 V/m per i luoghi ove si sosta per più di 4 ore al giorno e per tutti gli spazi dedicati all’infanzia e le aree sanitarie. leggi il testo del Decreto Legge n.381
Nel 2001 la Camera ha approvato in via definitiva la legge quadro sui campi elettromagnetici (Legge 22 febbraio 2001, n. 36, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 2001).
La nuova legge definisce:
- limiti di esposizione - valori che non possono mai essere superati.
- valori di attenzione - valori da non superare nei luoghi dove è prevista una permanenza per più di 4 ore (case, scuole ed altri luoghi adibiti a permanenze prolungate)
- obiettivi di qualità - valori elettromagnetici più restrittivi a cui si deve far riferimento per il risanamento e da conseguire per la costruzione di nuovi elettrodotti situati nei pressi di centri abitati, scuole, parchi giochi per bambini.
Il successivo decreto attuativo DPCM 8/07/2003 ha poi fissato i seguenti tre limiti per i campi elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100kHz e 300Ghz:
limite di esposizione |
20 V/m (*) |
valore d'attenzione |
6 V/m |
obiettivo di qualità |
6 V/m |
(*) limite di esposizione per i c.e.m. a frequenze comprese tra 3 Mhz e 3Ghz.Per quelle tra 100kHz e 3Mhz il limite è 60 V/m; per quelle oltre 3GHz e fino a 300 Ghz il limite è 40V/m.
Bassa frequenza: Attuando le disposizioni della Legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico, il decreto attuativo DPCM 8/07/2003 ha definitivamente fissato i seguenti tre limiti ai campi elettromagnetici a bassa frequenza generati dagli elettrodotti:
limite di esposizione |
100 microTesla |
valore d'attenzione |
10 microTesla |
obiettivo di qualità |
3 microTesla |
I limiti indicati come valori di attenzione ed obiettivi di qualità sono ben superiori a quelli previsti inizialmente nella bozza preliminare dei decreti attuativi della legge quadro, rispettivamente di 0,5 e 0,2 microTesla