Esistono quattro tipi di interruttori differenziali: tipo AC, A, F, B. Di seguito analizzeremo le differenze e i criteri per la scelta. Infine approndiremo l'uso dei differenziali nei locali ad uso medico e negli ascensori con azionamento a velocità variabile (inverter). I contatti indiretti Un "contatto indiretto" è il contatto di persone con una massa in tensione per un guasto, dove per massa si intende la parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che in condizioni ordinarie non è in tensione, ma che può andare in tensione in condizioni di guasto. Esempio è la struttura esterna metallica della lavatrice che può andare in tensione se all'interno un cavo di alimentazione si stacca dal morsetto e va a toccare la carcassa metallica. In tal caso si genera un pericolo per una persona che inavvertitamente tocca la struttura metallica in tensione, in quanto la differenza di tensione tra la mano a contatto con la parte in tensione e i piedi (teoricamente a potenziale zero) provoca una circolazione di corrente nel corpo che può provocare seri danni, fino alla morte. La norma stabilisce che la tensione massima di contatto in caso di guasto deve essere 50V (o 25V in ambienti particolari, come i locali medici) Per proteggere le persone dai contatti indiretti, la norma CEI 64-8 prescrive la presenza di un interruttore in grado di interrompere automaticamente l’alimentazione in caso di guasto in tempi brevi (qualche decimo di secondo). Nei sistemi TT, i dispositivi adatti alla disconnessione automatica dell’alimentazione capaci di rilevare le correnti di guasto a terra sono gli interruttori differenziali (detti anche salvavita). L'interruttore differenziale di tipo AC L’interruttore differenziale è un dispositivo che misura la differenza tra la corrente entrante e quella uscente nel circuito protetto. Interviene quando si manifesta una differenza tra le due correnti, infatti in assenza di guasti, la corrente che parte verso il carico è la stessa di quella che torna. Quando si manifesta una corrente di guasto a terra le due correnti diventano diverse tra loro, si genera un flusso magnetico variabile che crea una tensione indotta nella bobina differenziale all'interno dell'interruttore, e una relativa forza che provoca lo sgancio dell’organo di comando di apertura dell’interruttore. i primi a essere introdotti sul mercato e ancora i più utilizzati sono stati i differenziali di tipo AC, indicati con il simbolo nella tabella a destra. Essi sono idonei a rilevare la corrente differenziale alternata alla frequenza di rete di 50 Hz e indicati in presenza di carichi lineari, quali le lampadine tradizionali o apparecchi riscaldatori elettrici privi di elettronica di controllo. Negli ultimi anni, la presenza di circuiti elettronici non lineari, quali raddrizzatori, alimentatori a commutazione, inverter, una volta tipici degli apparecchi industriali, è divenuta sempre più diffusa anche negli apparecchi domestici. I circuiti non lineari fanno sì che in caso di guasto, o anche in assenza di guasto, la corrente differenziale che circola sul cavo di protezione non sia di forma alternata sinusoidale come si avrebbe nel caso di circuiti lineari, ma sia deformata con la presenza di componenti continue e ad alta frequenza. Le correnti con componenti continue compromettono il funzionamento dei normali dispositivi differenziali tipo AC, infatti le correnti di guasto a terra non sono rilevate dal trasformatore toroidale. Di conseguenza, si è evoluta anche la tecnologia degli interruttori differenziali in grado di rilevare e interrompere correnti differenziali di forma via via più complessa. Agli interruttori di topo AC sono seguiti quelli di tipo A, tipo B, tipo F. Interruttore differenziale di tipo A Gli interruttori differenziali di tipo A, rilevano e interrompono anche correnti unidirezionali pulsanti di entrambe le polarità, comprese quelle parzializzate o sovrapposte a una componente continua sino a 6 mA. Sono le forme tipiche delle correnti di guasto a terra degli apparecchi monofase contenenti diodi, ponti raddrizzatori di vario tipo, dimmer per la regolazione di LED etc. Questo non significa che gli RCD di tipo A rilevino la corrente differenziale continua, ma che la presenza di una componente continua sino a 6 mA, non altererà il comportamento dell’interruttore differenziale. Il valore di 6 mA è la massima corrente continua di guasto ammessa per gli apparecchi utilizzatori dotati di spina domestica (IEC 61140). Interruttore differenziale di tipo F Gli apparecchi differenziali di tipo F, che sono una evoluzione dei tipo A, hanno inoltre la capacità di rilevare e interrompere anche correnti differenziali multifrequenza, cioè composte da più frequenze oltre a quella di rete. Si tratta delle forme tipiche degli inverter monofase a frequenza variabile utilizzati per l’azionamento di motori, ormai di impiego comune su diversi elettrodomestici quali lavatrici, condizionatori, pompe di calore. L’immunità alla corrente differenziale continua è innalzata a 10 mA. Inoltre, i differenziali di tipo F, hanno una elevata immunità ai disturbi (tenuta agli impulsi di corrente di breve durata) contribuendo a risolvere il fastidioso problema degli scatti intempestivi che la presenza dei moderni elettrodomestici contribuisce a provocare. Interruttore differenziale di tipo B L’interruttore differenziale di tipo B estende ulteriormente le prestazioni ed è in grado di coprire in pratica qualunque applicazione. Infatti, gli interruttori di tipo B sono sensibili anche alla corrente differenziale continua senza ondulazione, positiva o negativa, alla corrente differenziale alternata sino a 1 kHz, alla sovrapposizione di corrente differenziale alternata e corrente differenziale continua, alla corrente differenziale proveniente da raddrizzatori bifase e trifase. Le applicazioni sono prevalentemente ma non esclusivamente trifase e includono gli inverter per l’azionamento dei motori, i convertitori statici in genere, i sistemi di ricarica dei veicoli elettrici, le macchine biomedicali, gli impianti fotovoltaici, i sistemi di accumulo. Scelta dell'interruttore Per la scelta del tipo di RCD da parte dell’installatore o del progettista dell’impianto, si deve tener conto della possibile corrente di guasto causata dagli apparecchi utilizzatori che si intendono alimentare. Un interruttore differenziale non idoneo ai carichi può comportare conseguenze spiacevoli di varia gravità, che vanno dall’intervento intempestivo al mancato o ritardato intervento in presenza di guasto. In generale, occorre seguire le informazioni o le raccomandazioni dei fabbricanti degli apparecchi, in genere riportate sui manuali di uso e manutenzione. Nella tabella seguente vi è un riepilogo dei principali casi ove le norme italiane richiedono o raccomandano esplicitamente l’installazione di differenziali almeno di tipo A. In tutti i casi si intende “se i differenziali sono necessari”: per esempio in un impianto industriale TN la protezione dai contatti indiretti potrebbe non richiedere alcun interruttore differenziale, mentre in un impianto TT i differenziali sono sempre obbligatori. Il differenziale nei locali ad uso medico Nei locali ad uso medico, le apparecchiature elettromedicali, come ad es. gli apparecchi per tomografia assiale computerizzata (TAC) o per risonanza magnetica (RM) ecc. incorporano circuiti elettronici che, come visto prima, danno luogo, in caso di guasto a terra, a correnti con componenti continue tali da compromettere il funzionamento dei normali dispositivi differenziali tipo AC. Da qui l’obbligo per i locali di gruppo 1 e di gruppo 2, di ricorrere, in funzione del tipo di corrente di guasto, ai differenziali di tipo A, in grado di intervenire anche con correnti di guasto unidirezionali pulsanti o di tipo B, capaci di intervenire anche con correnti di guasto unidirezionali pulsanti e continue. Infatti, la norma CEI 64-8 Sez. 710 stabilisce che "I circuiti terminali dei locali ad uso medico di gruppo 1, che alimentino prese a spina con corrente nominale sino a 32 A, devono essere protetti con interruttori differenziali aventi corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA (protezione addizionale). Nei locali di gruppo 2 tutti i circuiti devono essere protetti mediante interruttore differenziale con Idn 30 mA, se non sono alimentati dal sistema IT-M. Nei locali ad uso medico di gruppo 1 e gruppo 2, dove sono richiesti interruttori differenziali, devono essere scelti solo quelli di tipo A o di tipo B, in funzione del tipo della possibile corrente di guasto." Pertanto, facendo un esempio di uno studio dentistico, tutti i differenziali che proteggono i circuiti e utenze nelle stanze di gruppo 1 (es. sala riunito, stanza con ortopantomografo etc) devono essere tipo A o B a seconda del tipo di apparecchiatura. Paradossalmente, è questo è un buco normativo a parere di chi scrive, se il sistema di alimentazione è di tipo TN, e l'apparecchiatura elettromedicale è collegata all’impianto via cablaggio fisso, non c’è obbligo di protezione differenziale, pertanto se nel quadro il relativo circuito è protetto con differenziale (protezione “volontaria”) il differenziale può essere anche AC. Nei locali di gruppo 2 tutti i circuiti fuori da IT-M, indipendentemente da TT o TN devono essere protetti con differenziale di tipo A o B a seconda del tipo di carico. Quanto sopra è obbligatorio dall’abrogazione della CEI 64-4 III ed. (quindi dal 1.09.2001) Il differenziale negli ascensori Gli interruttori differenziali (RCD) sono utilizzati per offrire protezione dai guasti dell’isolamento in alcuni impianti residenziali e industriali, in aggiunta a quella fornita dall’apparecchiatura installata, come ad esempio nell’azionamento a velocità variabile degli ascensori AVV (cosiddetto “quadro con inverter”). Un guasto dell’isolamento o un contatto diretto con alcuni tipi di circuiti dell’AVV, può far sì che una corrente con una componente in c.c. attraversi il conduttore equipotenziale di protezione e riduca quindi la capacità di un differenziale di tipo A o AC di offrire tale protezione per le altre apparecchiature nell’impianto. Gli inverter hanno uno norma di prodotto, la EN 61800-5-1 che prevede all’allegato G un diagramma di flusso per aiutare nella scelta del tipo di RCD. Nel caso di inverter con collegamento fisso all'impianto di alimentazione, il paragrafo 6.3.6.7 prevede che nel manuale d’uso e sul prodotto sia apposto il simbolo di pericolo del triangolo con il punto esclamativo, e la seguente avvertenza: “Questo apparecchio può causare una corrente continua nel conduttore equipotenziale di protezione. Quando viene impiegato un interruttore differenziale (RCD), sul lato alimentazione dell’apparecchio, è ammesso esclusivamente l’impiego di un RCD di Tipo B.” Nel caso infatti degli azionamento per ascensore, in caso di guasto dell'AVV che regola la velocità del motore avremo la seguente situazione: dove la forma d'onda della corrente di guasto e indicata nella tabella dell'allegato G della norma EN 61800-5-1, e precisamente: come possiamo vedere la forma d'onda è data dalla somma di una componente pulsante e di una componente continua, quindi se andiamo alla tabella 1, si evince chiaramente che l'unico interruttore differenziale idoneo è quello di tipo B.