L'impianto elettrico nelle centrali termiche

Una centrale termica è quel locale all'interno del quale è installato un impianto termico di produzione del calore di portata termica complessiva maggiore di 35 kW.

L'alimentazione è generalmente ottenuta mediante combustibili gassosi o liquidi.

Se la centrale termica è alimentata a gas deve sottostare al DM 12/04/96, mentre se l'alimentazione è a gasolio la centrale termica è soggetta al DM 28/04/05.
A seconda del tipo di alimentazione l'ambiente potrebbe in alcuni casi essere a maggior rischio in caso d'incendio, in relazione alla quantità di gasolio che potrebbe alimentare un incendio, oppure, presentare pericolo di esplosione, ad esempio metano o GPL.

In effetti il pericolo d'esplosione si manifesta solo in pochi casi particolari in quanto il DLgs 233/03, direttiva Atex 99/92/CE, esclude dal suo campo di applicazione gli apparecchi a gas (normalmente utilizzati) di cui al DPR 661/96.
Il pericolo d'esplosione deve comunque essere sempre valutato ai fini della progettazione e installazione dell'impianto elettrico (guida CEI 31-35/A).

Quando la portata termica è superiore a 116 kW, attività n.74 del DPR. 01/08/2011 n.151 (ex n. 91 del DM 16/02/98), e richiesto anche il certificato di prevenzione incendi (CPI). In questo caso, ai fini della prevenzione incendi, è richiesto anche un comando di emergenza collocato, in posizione segnalata ed accessibile, all'esterno della centrale termica.

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Fig. 1 – Esempio di schema di collegamento idraulico caldaia centrale termica.

Centrali termiche a gas
Il DPR 661/96

Il DPR 661/96, "regolamento per l'attuazione della direttiva 90/396/CEE, concernente gli apparecchi a gas", impone al costruttore e all'installatore dell'apparecchio, l'adozione di accorgimenti atti a ricondurre entro livelli accettabili il pericolo di esplosione.

Gli apparecchi destinati ad essere utilizzati al chiuso devono essere equipaggiati con uno specifico dispositivo che eviti un accumulo pericoloso di gas non bruciato. Ogni apparecchio, per evitare la formazione di pericolosi accumuli di gas incombusto, deve essere costruito in modo da ridurre al minimo le fughe di gas che potrebbero manifestarsi durante l'accensione, la riaccensione e dopo lo spegnimento della fiamma.

Per scongiurare tale pericolo il DPR richiede appunto un dispositivo di intercettazione del gas o un'adeguata aerazione dei locali: " Gli apparecchi destinati ad essere utilizzati nei locali devono essere attrezzati con un dispositivo specifico che eviti un accumulo pericoloso di gas non bruciato.

Gli apparecchi che non sono attrezzati con un simile dispositivo devono essere utilizzati solo in locali con una aerazione sufficiente per evitare un accumulo pericoloso di gas non bruciato. Le condizioni sufficienti di aerazione dei locali per la installazione degli apparecchi di cui al paragrafo precedente sono stabilite dalle norme UNI-CIG di cui alla legge 6 dicembre 1971, n. 1083, e dalle disposizioni applicative emanate dal Ministero dell'interno per la prevenzione degli incendi. Gli apparecchi per grandi cucine e gli apparecchi alimentati a gas contenenti componenti tossiche devono essere attrezzati con questo dispositivo."

Il costruttore dell'apparecchio a gas è inoltre tenuto fornire all'installatore tutte le informazioni tecniche necessarie per una corretta installazione, uso e manutenzione. Le istruzioni devono in particolare precisare:

  • il tipo di gas utilizzato;
  • la pressione di alimentazione utilizzata;
  • l'aerazione dei locali richiesta:
  • per l'alimentazione con aria per la combustione;
  • per evitare la creazione di miscugli con un tenore pericoloso in gas non bruciato per gli apparecchi non dotati del dispositivo di cui al punto 3.2.3..."

Ai fini dell'impianto elettrico, se gli apparecchi sono rispondenti al DPR 661/96, la possibilità che si possa formare una miscela esplosiva è piuttosto remota e dunque non si rendono necessari provvedimenti particolari nei confronti del pericolo di esplosione. Detto questo, le centrali termiche a gas possono essere divise in due gruppi, quelle che utilizzano e quelle che non utilizzano apparecchi rispondenti al DPR 661/96.

Centrali termiche con apparecchi e componenti rispondenti al DPR 661/96

L'Art. 1 definisce il campo di applicazione del DPR 661/96:

  1. gli apparecchi che bruciano combustibili gassosi, non utilizzati in processi industriali, e hanno una temperatura normale dell'acqua, se impiegata, non superiore a 105 °C;
  2. i dispositivi di sicurezza, di controllo e di regolazione e i sottogruppi, diversi dai bruciatori ad aria soffiata e dai corpi di scambio di calore destinati ad essere attrezzati con tali bruciatori

Un apparecchio si considera "usato normalmente" quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:

  • è correttamente installato e sottoposto a regolare manutenzione, conformemente alle istruzioni del fabbricante;
  • è usato nel normale campo di variazione della qualità del gas e della pressione di alimentazione;
  • è usato per gli scopi per cui è stato costruito o in modi ragionevolmente prevedibili.

Ai fini dell'impianto elettrico, utilizzando apparecchi rientranti nel campo d'impiego del DPR 661/96 , in genere si può dunque escludere il pericolo di esplosione. Anche il maggior ri­schio in caso d'incendio è normalmente assente, non presentandosi quasi mai una delle tre tipologie di ambienti individuate dalla norma CEI 64-8/7 in relazione alle cause che possono determinare un maggior rischio in caso d'incendio:

  • elevata densità di affollamento o elevato tempo di sfollamento in caso di incendio o per l'elevato danno ad animali e cose;

  • strutture portanti combustibili;

  • presenza di materiale infiammabile o combustibile in lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito di detti materiali .

Non riguardano solitamente le centrali termiche le prime due tipologie di ambienti, ma nemmeno la terza, essendo il gas contenuto e convogliato attraverso un idoneo sistema di distribuzione.

L'impianto elettrico può essere ordinario, infatti, un incendio provocato dall'impianto elettrico stesso, non avrebbe in questo caso esiti particolarmente gravi.

Centrali termiche con apparecchi e componenti non rispondenti al DPR 661/96

Sono esclusi dall'applicazione del DPR 661/96, come indicato nell'art. 1, gli apparecchi che utilizzano acqua ad una temperatura superiore a 105 °C e gli apparecchi realizzati per essere utilizzati in un processo industriale. Sono esclusi anche gli impianti costruiti con apparecchi che rientrano nell'art. 1 ma che sono stati immessi sul mercato prima della entrata in vigore del decreto e che potrebbero quindi essere sprovvisti del marchio CE.

In questi casi il pericolo di esplosione potrebbe essere effettivo e si rende oltremodo necessario determinare l'eventuale presenza di zone con pericolo di esplosione. La valutazione può essere condotta secondo le prescrizioni della norma EN 60079-10-1 (CEI 31-87) e con l'ausilio della guida CEI 31-35.

In particolare, per quanto concerne le centrali termiche alimentate a metano, utili informazioni possono essere ricavate dall'esempio GF-3 della guida CEI 31-35/A che permette di determinare le condizioni che devono essere soddisfatte affinchè le centrali stesse non debbano essere considerate luoghi con pericolo di esplosione. A tal fine, l'esempio presuppone che tali centrali termiche, soggette al D. Lgs. 233/03, siano costruite a regola d'arte e ben mantenute, alimentate a metano, con pressioni nominali di esercizio non superiori a 50 000 Pa (0,5 bar), che siano rispettate, in relazione alla pressione di alimentazione dell'impianto termico, le aperture minime di ventilazione e che le eventuali sorgenti di emissione abbiano fori di guasto fino a 0,25 mm2.

L'esempio si riferisce a centrali termiche ubicate a non più di 1500 m sul livello del mare. Ad altitudini superiori, diminuendo la densità dell'aria, potrebbe rendersi necessario aumentare la superficie delle aperture di ventilazione.

Le aperture, anche se è accettabile un'apertura su di un'unica parete, sarebbe bene fossero ricavate in parte in alto ed in parte in basso e su opposte pareti, in modo da favorire la circolazione naturale d'aria per effetto camino . A l fine di evitare la formazione di sacche di gas, l e aperture di aerazione devono essere poste nella parte più alta possibile della parete esterna, possibilmente a filo del soffitto .

Non è comunque tassativo che l'apertura sia a filo del soffitto (Circ. Min. 30.11.2000, n. P1275 / 4134): " In presenza di travi o altre strutture portanti emergenti, la prescrizione è ugualmente soddisfatta con la collocazione delle aperture immediatamente sottotrave e comunque mai al di sotto della met à superiore della parete".

Le aperture devono invece essere obbligatoriamente collocate nel punto più alto della parete o a soffitto quando il locale caldaia è adiacente ad un locale di pubblico spettacolo o a locale con affollamento superiore a 0,4 persone/m2.
L'esempio riportato nella guida si riferisce ad ambientii con aperture verticali sulle pareti, nel caso specifico non si valuta la possibilità di aperture ricavate a soffitto.

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Figura 2 – Esempio di centrale termica con aperture di ventilazione. - E' accettabile un'unica apertura su di una parete anche se aperture su pareti opposte e ricavate in parte in basso ed in parte in alto assicurano una migliore aerazione in virtù di una circolazione naturale d'aria per effetto camino

Nell'esempio in esame, per poter trascurare il pericolo di esplosione, le aperture di ventilazione, per le pressioni di esercizio in Pascal (p) comunemente utilizzate ( 2000 e 4000 Pa), devono avere un'area libera in metri quadrati (A), al netto di eventuali grigliati metallici e/o alette antipioggia, di almeno:

  • A = 0,3 m2 per p = 2000 Pa (0,02 bar),
  • A = 0,5 m2 per p = 4000 Pa (0,04 bar).

In tutti i casi devono essere rispettate le aperture minime (tabella 1) di cui al DM 12/4/96, le quali dipendono dalla potenza termica e dal tipo di locale (fuori terra, interrato o seminiterrato, ecc.).

Come detto, se sono rispettate tutte le prerogative stabilite, applicando le indicazioni fornite nell'esempio è possibile stabilire per le centrali termiche alimentate a metano l'esistenza o meno di zone pericolose. Se non è possibile rispettare le prerogative richieste, ad esempio non è possibile rispettare le aperture minime, oppure la centrale termica non è alimentata a metano, ad esempio è alimentata a GPL, le indicazioni fornite dalla guida non sono più utilizzabili e diventa quindi indispensabile accertare l'esistenza del pericolo d'esplosione con l'ausilio della norma EN 60079-10-1 (CEI 31-87).

I gas di alimentazione delle centrali termiche possono essere più leggeri (metano) o più pesanti dell'aria (GPL).

Come è noto, in un caso il gas tende a salire verso l'alto, nell'altro tende ad accumularsi e a stazionare al livello del pavimento influenzando forma ed estensione della zona pericolosa.

Se si evidenziano zone pericolose l'impianto elettrico dovrà essere conforme alle prescrizioni della norma EN 60079-14 (CEI 31-33) ed i componenti dovranno essere marcati CE ai sensi della direttiva Atex 94/9/CE (DPR 126/98). Fuori dalle zone pericolose è sufficiente un impianto elettrico normale, distanziando i componenti elettrici almeno venti o trenta centimetri da eventuali sorgenti di emissione. Per finire si rammenta che se la centrale termica, con apparecchi a gas non soggetti al DPR 661/96, è inserita in un luogo di lavoro, il datore di lavoro deve otttemperare agli obblighi di cui al Dlgs 81/08, Titolo XI "protezione da atmosfere esplosive".

In particolare deve elaborare e a tenere aggiornato un documento sulla protezione contro le esplosioni (Art. 294).

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Tabella 1 - Caratteristiche del locale centrale termica a metano interno ad un edificio

Centrale termica a gasolio

Le centrali termiche a gasolio di potenza termica superiore a 35 kW (30 000 kcal/h) sono soggette al DM 28/04/05. Se la potenza termica supera i 116 kW, come già detto anche per le centrali termiche a metano, è richiesto il certificato di prevenzione incendi.

Non essendo necessario il preriscaldamento del gasolio, una centrale ter­mica di questo tipo non può presentare pericolo d'esplosione. Ciò nonostante potrebbe configurarsi come ambiente a maggior rischio in caso di incendio, "per presenza di materiale infiammabile o combustibile in lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito" , quando il compartimento antincendio presenta una classe uguale o superiore a 30. Nello specifico (Norma CEI 64-8 sezione 751, allegato B), trattandosi di combustibili liquidi, si dovranno considerare i quantitativi massimi che si trovano all'interno del compartimento considerato (nelle tubazioni, negli apparecchi e negli eventuali serbatoi, ecc.). Oltre a questo si dovranno considerare anche i quantitativi che possono essere immessi nel compartimento entro il tempo che intercorre fra l'inizio di un eventuale incendio e l'intervento dei dispositivi di intercettazione degli organi di convogliamento.

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Figura 3 – Centrale termica a gasolio con serbatoio all'esterno

La norma stabilisce i seguenti tempi di intercettazione massimi:

  • 10 s con organi di intercettazione comandati automaticamente da dispositivi rivelatori di incendio;
  • 15 minuti con organi di intercettazione comandati a mano da un posto costantemente presidiato;
  • 90 minuti con sorveglianza generica;
  • 8 h in assenza di sorveglianza

In pratica una centrale termica alimentata a gasolio, con serbatoio esterno al compartimento, provvista di un dispositivo di rivelazione d'incendio che comanda automaticamente una valvola di blocco, se come generalmente accade il tempo di intercettazione non supera i 10 s, ai fini dell'impianto elettrico, rappresenta di norma un ambiente ordinario.

Per finire un accenno alle centrali termiche alimentate con olio combustibile per le quali, a differenza di quelle a gasolio, si rende necessario valutare il pericolo di esplosione. L'olio combustibile viene infatti preriscaldato a una temperatura superiore a quella di infiammabilità che è di circa 65 °C. Se si utilizza questo tipo di combustibile occorre quindi accertare l'eventuale presenza zone con pericolo di esplosione (Norma EN 60079-10-1, CEI 31-87 e relativa guida CEI 31-35).

Centrale termica luogo a maggior rischio in caso d'incendio

Se la centrale termica è classificata come luogo a maggior rischio in caso d'incendio l'impianto elettrico deve rispondere alla sezione 751 della Norma Cei 64-8.

In particolare le condutture elettriche non devono essere causa di innesco e/o propagazione di incendio. Una conduttura è un insieme costituito da uno o più conduttori elettrici e dagli elementi, comprese le cassette di derivazione, che ne assicurano l'isolamento, il supporto, il fissaggio e, ove necessario, la protezione meccanica.

In funzione del tipo di conduttura impiegata e delle caratteristiche presentate da ciascuna di esse, la Norma stabilisce che si debbano adottare specifici provvedimenti. A tal proposito, a seconda della loro pericolosità all'innesco e alla propagazione dell'incendio, le condutture, comprese quelle transitanti, sono organizzate dalla Norma CEI 64-8/7, art. 751.04.2.6 , in tre gruppi :

  1. Condutture che per costruzione non possono né innescare né propagare l'incendio perché sono separati per costruzione dall'ambiente circostante. Non sono richiesti altri provvedimenti di protezione particolari (fig. 5).
  2. Condutture che possono essere causa di propagazione ma non d'innesco d'incendio. Occorre adottare ulteriori provvedimenti contro la propagazione dell'incendio (fig. 6).
  3. Condutture senza requisiti particolari che possono essere causa sia di innesco sia di propagazione dell'incendio. Per questo gruppo devono essere adottati particolari provvedimenti contro la propagazione e l'innesco dell'incendio (fig. 5, 6, 7).

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Fig. 5 - Condutture del gruppo a

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Fig. 6- Condutture del gruppo b

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Fig. 7 – Condutture del gruppo c

In questo tipo di ambienti è richiesto un grado di protezione almeno IP4X per tutti i componenti dell'impianto elettrico ad esclusione:

  • delle condutture, alle quali si applicano i criteri suindicati;

  • delle prese a spina per usi domestici e similari;

  • degli interruttori di comando, e dispositivi similari, dei circuiti luce;

  • degli interruttori automatici con corrente nominale fino a 16 A e potere di cortocircuito fino a 3000 A.

Per i motori elettrici il grado di protezione IP4X è richiesto per la morsettiera e l'eventuale collettore mentre per le altre parti attive che non producono scintille è sufficiente il grado di protezione IP2X.

I dispositivi di protezione contro il sovraccarico dei motori devono essere a riarmo manuale a meno che il motore non sia sottoposto a continua sorveglianza (CEI 64-8/7 art. 751.04.5 punto d). Anche gli involucri che racchiudono apparecchi di illuminazione devono possedere un grado di protezione almeno IP4X , grado di protezione che non è richiesto però non nei confronti delle lampade.

Per concludere si ricorda che nelle strutture a maggior rischio in caso di incendio i dispositivi di protezione contro le sovracorrenti devono essere installati sempre all'inizio della conduttura. Ai fini antincendio, le condutture di tipo c1) e c2), eccetto i circuiti di sicurezza, devono essere protette mediante dispositivo differenziale, anche ad intervento ritardato, con Idn non superiore a 300 mA. Si vuole in tal modo scongiurare il rischio che eventuali correnti verso terra possano essere causa di innesco d'incendio.

Principali riferimenti legislativi e normativi

  • DM 12/04/96, " Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi. "
  • DM 28/04/05, "Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili liquidi.
  • DPR 1 agosto 2011, n. 151 "Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi"
  • DLgs 233/03 (direttiva Atex 99/92/CE) , "Attuazione della direttiva 1999/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive"
  • Norma EN 60079-10-1, CEI 31-87, "Classificazione dei luoghi. Atmosfere esplosive per la presenza di gas"
  • Guida CEI 31-35/A, Guida all'applicazione della Norma CEI EN 60079-10 . Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas

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